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lunedì 8 aprile 2013

Sono scomodi i poeti.. domande sempre accese senza altare

I poeti ?
Sono scomodi i poeti figure/ da evitare domande sempre accese senza altare/ semantici silenzi e distrofie dell’io
Tutti i governi del mondo , diceva Apollinaire nel suo pamphlet “Le poète assassinè” , ammazzano almeno un poeta al giorno; all’eroe assassinato uno scultore innalza “una statua di nulla”. Del resto anche oggi , questi falsi profeti di metamorfosi assurde , dalle visioni primordiali, con l’impulso di oscure visioni, - i carboni del cielo, il Graal , le gole delle scimmie, le Upanishad, la Bibbia , proclamatori di angoscia e del grande dolore assoluto , questi poeti che si trovano ogni mattina al bar con la bocca/ piena di sassi/ col dolceamaro del primo caffè, volentieri s’impiccherebbero sulla pubblica piazza così, tanto per ammazzare il tempo e la solitudine , per uno spettacolo antico e sempre nuovo come la morte. Chissà che non venga varato un nuovo progetto di legge per erigere una forca su tutte le piazze dei paesi , un bel capestro lucente che faccia crick dei loro colli angosciati ed estingua la sete di libertà di questi poeti che non fanno altro che piangere i fantasmi di fumo e d’armonia , di lamento dei loro ricordi :Conosco la memoria dei muri/i pesi che gravano/ era solo ieri che cantavo /nei cortei di maggio/a gota piena a capelli sciolti/ so che tornerò ad incontrare/ quello che foste/ amici di pizza e di birra

Narda Fattori , coi suoi versi che “ scivolano sui gradini della vita”, echi talora dissonanti, cocci di un immenso vocabolario ormai naufragato nel kisch di tutti i giorni , nel saldo , nella liquidazione della nostra asfittica civiltà , ecco Narda che si alza il mattino per ricomporre i cocci di quel vaso rotto, ricomporre quel mosaico strano , erigere quell’ultimo monumento d’umanità, più duraturo del marmo e del bronzo , e lo fa in silenzio , quando tutti gli orologi di mezzanotte le doneranno un tempo generoso, per riunire gli spiriti evocati: eccola insieme a tutti gli altri fantasmi poeti che “Testardi tornano a seminare fonemi/ dentro i solchi e aspettano che germoglino / parole vere – verginalmente nude”. (A. Benemeglio)

Il mondo, qualunque cosa noi ne pensiamo, spaventati dalla sua immensità e dalla nostra impotenza di fronte a esso, amareggiati dalla sua indifferenza alle sofferenze individuali ( di uomini, animali, e forse piante, perché chi ci dà la certezza che le piante siano esenti dalla sofferenza?), qualunque cosa noi pensiamo dei suoi spazi trapassati dalle radiazioni delle stelle, stelle intorno a cui si sono già cominciati a scoprire pianeti ( già morti? Ancora morti?), qualunque cosa pensiamo di questo smisurato teatro, per cui abbiamo sì il biglietto d’ingresso, ma con una validità ridicolmente breve, limitata dalle due date categoriche, qualunque cosa ancora noi pensassimo di questo mondo – esso è stupefacente.
Ma nella definizione “stupefacente” si cela una sorta di tranello logico. Dopotutto ci stupisce ciò che si discosta da una qualche norma nota e generalmente accettata, da una qualche ovvietà a cui siamo abituati. Ebbene, un simile mondo ovvio non esiste affatto. Il nostro stupore esiste per se stesso e non deriva da nessun paragone con alcunché.
D’accordo, nel parlare comune, che non riflette su ogni parola, tutti usiamo i termini: “mondo normale”, vita normale normale corso delle cose… Tuttavia nel linguaggio della poesia, in cui ogni parola ha un peso, non c’è più nulla di ordinario e normale. Nessuna pietra e nessuna nuvola su di essa. Nessun giorno e nessuna notte che lo segue. E soprattutto nessuna esistenza di nessuno in questo mondo.
A quanto pare i poeti avranno sempre molto da fare. (Wislawa Szymborska)