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sabato 8 febbraio 2020

l'albanense irriverente: 5 DOMANDE A: PIERO BARBABIETOLA

l'albanense irriverente: 5 DOMANDE A: PIERO BARBABIETOLA: Piero “Mizu” Barbabietola Presentatore e public speaking (spettacoli di musica) a Varese per la scuola di musica Yamaha (1 anno...

sabato 31 maggio 2014

di ombre e di fiamma


Le fiamme muovono ombre sui muri

e quelle ombre lente e calde avvolgono la musica

Linee di carbone scorrono su candidi fogli di cotone

Sono ombre disegnate che il fuoco scompone

Un'anima che corre tra le pieghe del corpo non può essere catturata

come la vampa viene inghiottita e dal camino vola via

Rimangono però in tracce ardenti, incancellabili carezze

disegnate nel tempo dal desiderio che il fuoco ha riscaldato.

che la musica qui abbraccia

Sulla carta il colore Rubizzo cinabro che sfuma tra brace e cenere

Come impalpabile polvere nel calore di una mano fattasi nido

Fuori, la neveche copre tutto e tutto zittisce

Dentro, i sogni Di ombre e di fiamma


Parole di Gabriele Demichelis



tutto svanisce. Qualcosa resta.
Incancellabile.
Assurdamente presente
nella totale assenza del Nulla.
D'ombra e di fiamma.
Che ha scaldato.
Ha baciato, pianto,
abbracciato, amato.
Svanita come ombra.
Prepotentemente reale
come fiamma.
Presenza e assenza.
Nell'ultimo sorriso dell'anima.

domenica 4 maggio 2014

nel volo selvatico delle anatre



Certe sere
vesto tutta la nudità dei miei anni.

Sono la verità
di un albero spoglio
e una promessa che porto con me
da prima che iniziasse
l'eterno.

Certe sere
sento tutto il male del vivere,
come una fatica
che non riesco a sopportare,
come un'antica promessa
da mantenere.
.
Nel volo selvatico delle anatre
s'alza come distratto dal rumore nel canneto
un altro giorno.



Beatrice Niccolai


giovedì 1 maggio 2014

Hebel



Se noi fossimo pietre,e se la terra fosse una caverna
che ci protegge da ogni migrazione,se noi fossimo un'ostrica
dentro le alghe del mare! Ma noi siamo, invece, una ferita,
e siamo dei torrenti senza letto e senza foce,
siamo campane al transito del tempo.
Fossimo senza ricordi, come una roccia,noi ci potremmo riposare,
ma siamo spazio, segno e sopra l'orizzonte fumo e vento.
Fuad Rifka (Siria, 1930)  

domenica 11 agosto 2013

lettera ad una bambina che sta per nascere




Se mi chiedessero di scrivere una lettera a una bambina che sta per nascere, lo farei così.
Cosa hai sentito finora del mondo attraverso l'acqua e la pelle tesa della pancia di mamma? Cosa ti hanno detto le tue orecchie imperfette delle nostre paure? Riusciremo a volerti senza riempire il tuo spazio di parole, inviti, divieti? Riusciremo ad accorgerci di te anche dai tuoi silenzi, a rispettare la tua crescita senza gravarla di sensi di colpa e di affanni? Riusciremo a stringerti senza che il nostro contatto sia richiesta spasmodica o ricatto di affetto?
Vorrei che i tuoi Natali non fossero colmi di doni-segnali a volte sfacciati delle nostre assenze ma di attenzione. Vorrei che gli adulti che incontrerai fossero capaci di autorevolezza, fermi e coerenti: qualità dei più saggi. La coerenza, mi piacerebbe per te. E la consapevolezza che nel mondo in cui verrai esistono oltre alle regole le relazioni e che le une non sono meno necessarie delle altre, ma facce di una stessa luna presente. Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore. Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione. La morte è un testimone che i migliori di noi lasciano ad altri nella convinzione che se ne possano giovare: così nasce il ricordo, la memoria più bella che è storia della nostra stessa identità.Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a stare da sola, ti salverebbe la vita. Non dovrai rincorrere la mediocrità per riempire i vuoti, né pietire uno sguardo o un'ora d'amore. Impara a creare la vita dentro la tua vita e a riempirla di fantasia. Adora la tua inquietudine finché avrai forza e sorrisi, cerca di usarla per contaminare gli altri, sopratutto i più pavidi e vulnerabili. Dona loro il tuo vento intrepido, ascolta il loro silenzio per curiosità, rispetta anche la loro paura eccessiva. Mi piacerebbe che la persona che più ti amerà possa amare il tuo congedo come un marinaio che vede la sua vecchia barca allontanarsi e galleggiare sapiente lungo la linea dell'orizzonte. E tu allora porterai quell'amore sempre con te, nascosto nella tua tasca più intima.

Paolo Crepete.it/aforismi/figli-e-bambini/frase-39765>

sabato 3 agosto 2013

Mogù

Izet Sarajlíc guardo le date delle tue poesie. Sono geloso del tempo che tu hai visto e io no, sono geloso dei poeti che ho amato perché tu li hai amati di più. Bisogna abitare in una città fluviale per trovarsi in poesia a una confluenza di acque correnti. In te scorrono russi, tedeschi, spagnoli, francesi e qualche italiano, tu li contieni. Ho bevuto con te e così, per la misteriosa proprietà transitiva dei poeti e dei bicchieri, io mi sono trovato seduto a tavole remote, dove mai mi sarei azzardato a chiedere permesso. Dietro un nostro bicchiere ho potuto stare con Bohumil Hrabal nella birreria di Praga, al suo tavolo che non ospitava scrittori né lettori, ma solo bevitori amici. 

Ho potuto sapere come lui portava il vetro all’altezza dei denti e come ci appoggiava sopra il silenzio. Ho tirato tardi con Nazim Hikmet, Alfonso Gatto, Esenin, all’ombra dei nostri bicchieri e ora so con che dita si stropicciavano gli occhi. La storia del nostro millenovecento si è tanto preoccupata di infilarsi nelle case, staccare genitori da figli, mogli da mariti, stabilire diete di scarsità nelle cucine spente, distribuendo addii come biglietti da visita. Questa invadente storia maggiore nei tuoi versi è ridotta a margine slabbrato della pagina. Conta di più la storia minore di avere amato una donna, di avere tremato meno per gli scoppi delle granate e molto di più per la febbre di una figlia, per la tosse notturna di un nipotino. È potente per te, molto più che per me, l’esclusiva della vita personale, prepotente il diritto alla felicità, scippata al volo, gustata pure in piena penuria. “Come ci serve poco per avere / tutto ciò che prima di noi non ha avuto nessuno”. ma la felicità, quella è strepitosamente nuova, vergine per il poeta e per ognuno di noi che è poeta quando sa riconoscerla in tempo, mentre succede, mentre in cucina una pentola bolle. Poeta è chi trova la felicità nella stanza accanto e mai dice dopo: quelli erano bei tempi. Mai la felicità è retroattiva, o riconosciuta all’istante o perduta. Ma quando è insopportabile la pena, allora servi tu, poeta, tu e non un romanziere che la tira in lungo, tu con dei versi da imprimere a memoria quando si è alle strette e viene tolta la biblioteca e la luce del giorno. Là servi tu che puoi rispondere di tutto. Ricordi Izet la fila davanti alla prigione di Leningrad, era il cinquantasette e Anna Achmatova da un anno si incolonnava insieme ai parenti dei prigionieri nella fila delle visite, al freddo. E qualcuno la riconosce, è lei la famosa poeta, perché in Russia i poeti erano famosi. E una donna che sta in fila dietro di lei, e che non l’ha mai sentita nominare, le domanda a bassa voce: “A eto vi mojete opisat’?”, “e questo voi lo potete descrivere?”, e lei risponde con altrettanto soffio: “Mogù”, “posso”. E finisce il racconto scrivendo: “Allora qualcosa di simile a un sorriso scivolò su quello che era stato un volto”.


Ecco, mio Izet, dentro ogni tuo verso di guerra subita, di lutto, c’è la risposta alla domanda di uno come me che sta in qualche fila all’addiaccio delle molte prigioni e chiede: “Questo voi potete descriverlo?” e tu con la carta piena del segreto dell’aria, rispondi: “Mogù”, “posso”. Da te imparo di nuovo a dire: amo. A cinquant’anni bisogna pronunciarlo spesso, in quante più lingue possibile, lavandosi i denti al mattino, sciacquandoli bene e poi asciugandoli con l’aria di quel verbo all’indicativo presente. Tutte le tue poesie vengono da questa igiene del verbo amare, da questa soglia delle labbra. tuo il vino che dà profondità ai nostri occhi, un grano d’infrarosso per vedere al buio.


(dall’introduzione di Erri De Luca, Izet Sarajlíc, Qualcuno ha suonato)

giovedì 25 luglio 2013

Guardastelle

Quante volte, seduto fuori l'uscio della porta della mia casa di Assisi, ho guardato il cielo stellato sopra di me. Ho sempre pensato che quella stella, si esattamente quella, fosse il modo di mia madre di restare con me, di guardarmi ancora con quegli occhi dolci di tenerezza e disincanto. Li l'avrei sempre ritrovata. E' ancora li, così come nel mio sguardo e nel mio cuore. Sento la sua carezza. Anche nel cielo d'Armenzano limpido fino allo stupore ed alla chiarezza. Mi guarda. 

Ora c'è con lei anche il sorriso di mio padre. Nella notte silenziosa e profonda fino all'alba. E talvolta sto li incantato come un bambino con gli occhi inumiditi dal ricordo e dallo stupore. Con l'anima fragile. Con le paure che non puoi evitare. Con il cuore che batte nel silenzio notturno con i rintocchi di antica campana che canta Amore, amore, amore.. ed un vento leggero mi accarezza, il vento amico del Subasio, e le braccia si aprono per accogliere la generosa pioggia di stelle. Potrei dire con il titolo del romanzo di Milena Pini : “Pioggia di stelle. A mia madre Alba complice della mia vita. A mio padre stella sorridente della mia notte”... E come la giovane protagonista della fiaba dei fratelli Grimm mi sento nudo e vestito da questa pioggia di stelle..

e ora ascolto questa canzone che mi piace tanto perchè da qui puoi “calcolare le distanze, da qui, proiettami nello spazio siderale, da qui, da qui, ho conosciuto la costellazione senza mai guardare dentro un cannocchiale Perché la mia vista vede, è una lente naturale E ho fantasia e posso anche volare Guardastelle, guarda, in questo mare di stelle, mi perderò con te Guardastelle, guarda, è un cielo di fiammelle, il buio più non c'è Da qui, mi stacco da terra ad immaginare Da qui, chissà se c'è un mistero grande da scoprire Da qui, una libera preghiera per una pace da inventare Guardastelle, guarda, in questo mare di stelle, mi perderò con te Guardastelle, guarda, è un cielo di fiammelle, bruciano per te Sotto il cielo la terra.. Una speranza sospesa, Guardastelle, guarda, in questo mare di stelle, mi perderò con te ... “ 
E come te Guardastelle sbircio al di là.. perchè “Le stelle sono buchi da cui filtra la luce dell'infinito...” (Confucio) E sento mia madre e mio padre che si ritrovano, si sorridono, si prendono per mano fino al Cielo, fino a me. Orihime e l'amato Hikoboshi, come Vega ed Altair. Ed io come un bambino appendo il mio tanzaku ai rami di un albero. Dovresti farlo anche tu. 

Un tanzaku è un desiderio, una poesia, una preghiera, un sogno, una speranza, il respiro del tuo amore, quella lacrima, quel dolore che non ha parole. Durante la Festa delle Stelle.... perchè tu ed io non dovremmo mai accontentarci “di questo oblio che sale verso il nulla, per cancellare dalla lavagna i tuoi pupazzetti e non ritrovarmi soltanto una finestra senza stelle. “ (Cortazar). De Sideribus. Per quanto cerchiamo di saltare o di volare in alto — diceva Simone Weil — noi non riusciremo mai a raggiungere il cielo. Se, invece, ci mettiamo a contemplarlo e a fissarvi il nostro sguardo, il cielo scenderà, ci avvolgerà e ci abbraccerà. Si amico Eschilo: «il divino è senza sforzo»: l'incontro con Dio è dono, è grazia. Grazia che disarma, perdona, accarezza, abbraccia mentre intorno alla nostra notte “stelle esplose fino al silenzio attese- si spacca nel sole di ogni giorno rosa. dentro Tutto. La rosa impenetrabile d'amore che non dura al gesto solo.” (Amina Narimi)

Il silenzio che venne dopo
è quello degli eterni cieli
notturni e in moto perpetuo.
Un cielo dentro l'altro
con due stelle che lassù
-forse col rumore di un soffio-
si scontrano e si spengono
l'una contro l'altra
una dentro l'altra.
E quanti bagliori
lontani da tutti gli occhi
momento dopo momento
da sempre
per sempre
accendono quei cieli bui
di ultimi lampi
di respiri luminosi
di attimi che tutti insieme sommati
fanno finalmente
il nulla.

(Vincenzo Cerami)

…. Guardastelle, guarda, in questo mare di stelle, mi perderò con te Guardastelle, guarda, è un cielo di fiammelle, bruciano per te Sotto il cielo la terra.. Una speranza sospesa, Guardastelle, guarda, in questo mare di stelle, mi perderò con te … (Bungaro)